27 maggio 2013
sei pazzo totale
C'è solo un pezzetto di cielo giallo che esce dallo scuro del mio velux.
Ho finalmente un po' di tempo per me prima del sonno e ho talmente tante cose da scrivere che non dovrei nemmeno iniziare.
Ce n'è una vecchia, ma un po' necessaria.
Ce n'è una quasi nuova, bellissima, l'unica.
E poi c'è l'ultima successa, che è incredibile e bella. E siccome è la più carica ora, inizio da questa.
Sto aiutando l'Enrica con il concerto di Dente, no?
Il concerto è arrivato, senza che io me ne accorgessi. Primo, perché nei giorni prima ero in Italia per una gita con comunione decisa la settimana prima. Secondo, perché il Professore mi ha lanciato una bomba esattamente tre ore prima del mio volo. "Sarebbe meglio se restasse fino a luglio".
Non me ne rendo bene conto, discutiamo di altro e vado verso l'autobus per l'aeroporto. Ma nella mezzora di autostrada mi costringo a telefonare a Lui, a raccontargli - e raccontarmi - cos'è appena successo. Non servono spiegazioni, come sempre.
"Non c'è alternativa, resti lì. In qualche modo combiniamo."
Poi il volo, l'autobus, la metro. Odèon. Rue de l'Ancienne Comèdie.
Sento un po' di nausea nel fare per la milionesima volta quella strada in discesa, nel superare il kebabbaro e prepararmi mentalmente a girare a destra. Non penso che è una delle ultime volte, penso che sarebbe dovuto esserlo. Mi sale l'ansia.
Un'ora dopo sono al Marcovaldo, al dj set di Dente.
Decido di tagliare corto con i vecchi rancori e gli dico che un po' lo odio per quella volta. Lui ci scherza su e un po' lo perdono. Finiamo la serata sbronzi di birra e patate all'aglio.
Deo gratia, ci riportano a casa in macchina. In diciotto in un'utilitaria ma va bene uguale.
Dente a un certo punto dice: metti Pai, metti Pai.
Io mi immagino già una bella merda indie da ascoltare fino a casa. E invece no.
C'è una voce bellissima e giovane e triestina. Triestina.
E ripete mille volte Pai de la Luce. Pali della luce, per gli scemi.
Io non mi ricordo più cosa volevo scrivere a proposito, ma da quella prima volta abbiamo ascoltato solo quella nei ritorni notturni in auto. E anche di giorno ci salutavamo con un Paiiiii più (Dente) o meno (io) intonato.
Sono ritornata indietro di anni e chilometri e ho sentito il vento in faccia, le pietre di Cavana sotto i miei piedi, il buio con i fasci gialli di luce a mostrarci dove andare, il profumo del pane appena fatto il mattino di ritorno dal molo, il mare, la gente, quelle loro mani, quei loro occhi e la loro voce.
Una volta ho scritto una frase bellissima su Trieste, ma è andata persa. Diceva tipo che Trieste ti si appiccica addosso anche se non lo vuoi, anche se non sei nato lì. E se ci vivi per un po' di tempo, lei ti si infila dentro in qualche spazio vuoto e te la porti dentro per sempre. E dentro di te e in ogni posto nuovo che incontrerai, vedrai la Tua città e Trieste. Sempre.
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