30 maggio 2013
Musica X (me) - Perturbazione
Aprile, Parigi.
Il mio insider mi svela in gran segreto la data d'uscita del nuovo disco. Io passo due settimane a dondolare nell'attesa e in quelle poche cose che so. Nuovo, diverso, elettronica, sesso.
Maggio, Parigi.
Ormai tutti sanno che la data è il 6 maggio. Il sabato chiamo Michela, la commessa di sempre della cartolibreria di sempre. San Marco, la via del panificio Panontin, Azzano.
- Ciao, sono Giulia. Lunedì esce un disco in allegato a XL di Repubblica, me lo puoi tenere? Poi mando mia mamma a prenderlo.
- Sì, guarda. Ce l'ho già qui.
- Ma no, è impossibile, esce il 6.
- Ah sì, è un altro. Bon, allora te lo tengo.
- Grazie mille, ciao.
Il lunedì sera chiamo mia mamma su Skype.
- Mamma, sei andata alla San Marco?
- Sì, papà è uscito apposta dal lavoro. Gli ho detto che lo volevi e che era importante e gliel'ho fatto prendere subito.
- Bene.
- Ma potevi dirmelo che volevi Jovanotti!
Io mi sento precipitare in un secondo. Nella mia storia c'è un passato molto difficile con i loro album. Tipo l'ultimo, In circolo - Dieci anni dopo. Il giorno di uscita sapevo già tutti i negozi di dischi di Padova dove cercarlo: l'ho cercato e nessuno ce l'aveva. Per giorni, settimane. E no, grazie, non voglio ordinarlo. Voglio trovarlo. Guardare nello scaffale Novità Italia e scoprirlo da me. Ho passato un mese in pellegrinaggio in ogni negozio di dischi di Padova e Pordenone. Mi sentivo presa in giro. Alla fine ho ceduto alla sfiga e l'ho comprato al concerto a gennaio, a Bassano. Bello, sì. Ma io lo volevo subito. Quindi quando mia mamma mi ha detto così, ho ricollegato al "ce l'ho già qui - ah no è un altro" di Michela e mi sono sentita male. Mia mamma dirà, giorni dopo: te go vista sbiancàr. Ed è andata di là a prendere il magazine. Sì, c'era Jovanotti, ma in copertina. E subito sotto, a coprirgli le gambe, il mio amato cd. Faccio urletti, batto le mani, scongiuro l'isteria. Mio padre si affaccia e chiede: ma chi sono? Il mio gruppo preferito. E chi xelo? Perturbazione.
Maggio, Azzano.
Sono tornata all'ultimo, un po' per sbaglio, per una comunione che non volevo evitare. Saluto i miei e chiedo subito del ciddì. Mia mamma mi porta tutto ancora incartato e dice fiera - l'ho messo in camera tua e non ho permesso a nessuno nemmeno di guardarlo. Oddio come mi conosci bene, mami. Io che vorrei essere l'unica ad ascoltarlo, a custodirlo, a mangiarmelo col cuore. E che invece devo condividerlo con migliaia di altre persone. Ma perché non possono essere solo miei?
Lui viene a cena, finiamo la serata sbronzi con i miei. Saliamo in macchina e chiedo di poterlo mettere su subito, ho già aspettato troppo. Mi dice: certo, mi fa piacere. Lo sa che deve sentirsi fortunato a poter condividere con me il mio momento del primo ascolto. Infilo il cd e vedo che sotto l'autoradio ce n'è uno nuovo, incartato, bianco. Anzi, biango. L'ultimo album degli Elii, il Suo gruppo preferito. I nostri due album nuovi, le nostre due grandi attese, lì vicine, arrivate tra le mani lo stesso giorno. Quando parte la voce di Tommaso sorrido, è come quando a Natale rivedo la mia grandefamiglia e ci salutiamo sapendo tutti la bellezza che ci aspetta, come ogni anno. Ben ritrovati, di nuovo qui, è sempre bello. Arriviamo a casa Sua che mancano tre canzoni, lo guardo. Non ci vediamo da più di un mese e mi dice - finiamo di ascoltarlo, voglio che tu lo senta tutto. Al buio, con la pioggia sui vetri, con l'impazienza della camera da letto, ascoltiamo.
Maggio, Parigi.
È dura scrivere di quest'album.
I Perturbazione senza tristezza non profumano più di Perturbazione. Nonostante questo l'album è bellissimo. Ci sono canzoni che mi parlano come se fossero state scritte per me, adesso. Ci sono canzoni che sono talmente cool che sembra strano siano in italiano - e che, secondo me, se venissero rifatte in inglese comparirebbero in almeno tre ost di film destinati al Sundance. Ci sono le canzoni che fanno piangere, ché son sempre loro alla fine, non è che la tristezza la puoi eliminare così, tac. Ci sono featuring strepitosi. Ma c'è una canzone che è mia più di tutte le altre.
1. essere foglia che il vento attraversa, senza nemmeno farlo apposta. sempre in attesa di un'aria diversa, spalanca la finestra. mi fa impazzire. l'unica cosa che mi sta un po' sul cazzo è l'accenno alla politica col comico che ti rapisce. io non vorrei pensare a queste cose mentre ascolto questa musica. e invece ogni volta quella facciotta col sorriso beffardo compare.
2. è il singolo. e credo che non ci potesse essere migliore singolo nell'album. possiamo parlare della figata del suono sbaglia/(sull'I)talia? all'inizio era la canzone che sentivo un po' meno, ora forse l'ho capita. o sono nel periodo giusto per lasciarle lo spazio che merita. e passo il tempo a domandarmi se sia vero che ho ancora tutta la vita davanti, perché sì, ci credo ancora nelle mezze bugie dei cantanti.
3. sto riordinando la camera, sto aspettando la metro, sto facendo le scale per risalire da sottoterra. sono in una serata club a Parigi e vorrei partisse questa, magari con un piccolo remix. è troppo figa per non essere ballata. ogni volta che la sento mi sento figa anche io. e non posso non muovermi e non cantare che nel camerino di una star, dentro alla coda di un discount.
4. come si fa a scrivere una canzone così? come? è la cosa che più adoro del loro fare musica, dicono cose di una bellezza straziante. ma senza presunzione, senza paroloni o metafore-chic del cazzo. e quando qualcuno riesce a fare poesia (fare, non scrivere) senza utilizzare impalcature e fuochi d'artificio, ma come parlando a bassa voce a chiunque, io mi riempio di bellezza. poi c'è anche l'altra cosa loro, che han suoni belli, ritmi che prendono in un secondo, niente di iperstrutturato o di lacrimafacile da cui sai già cosa aspettarti - e che alle volte, nemmeno così riescono a dire davvero qualcosa. loro sono quelle cose che senti e ti immagini abbiano un testo easy, fiori freschezza e festicciola. e proprio quando sei tranquillo a goderti quella che credi sia musica normale, BUM. ti aprono un mondo. o ti spezzano in due. e ti ritrovi a piangere per quello che ti stanno dicendo, per quello che ti raccontano di te, per la bellezza che ti stanno mostrando. e il colpo è doppiamente più forte, perché non te l'aspettavi. e dopo anni di ascolto io sono sempre lì a farmi sorprendere con la difesa bassa.
5. questa è quella che di solito skippo. perché sono lontana da mio papà e non voglio ricordarmi quello che potrebbe pensare o aver pensato lui. sono figlia, e fa un po' male.
6. qui dentro c'è la verità. è la numero due della mia top list. ed è stato il colpo basso peggiore nell'ascolto. non è un bel periodo per me, da un po'. ed era qualche giorno che mi chiedevo se davvero sono contenta, o se. e poi sento le cose che dice. sono scoppiata a piangere dentro di me, ma dentro all'auto non c'era nessun suono se non la musica e grandi lacrime calde che salivano piano lo zigomo e poi correvano giù fino alla gola.
7. è meglio se non ne parlo ora.
8. è la mia ossessione.
9. ammetto che dopo la otto la mia attenzione cala un po'. è come se le canzoni prima fossero quell'attesa che ti concedi per amare con più forza quello che vuoi davvero. e perciò a ogni 9e10, almeno per ora, mi stupisco di trovare ancora delle cose che mi piacciono. ai primi ascolti capivo - la bellezza ferma no, non ha nessun valore. e, forse per attaccamento naturale alle proprie cose, anche se so che è sbagliato, io la canto così e mi piace tanto così.
10. l'inizio è sempre con me che muovo pollice e anulare come suonando una tastiera nell'aria. ed è forse la canzone che canto di più in metro. in piedi, schiacciata tra la gente, che muovo un po' la testa a tempo e seguo le parole muta con la bocca. vorrei che al posto delle cuffie ci fosse una cassa e che tutta la gente sentisse 'sta cosa mentre la ascolto io e che tutti iniziassimo a ballare lenti a i turni/gli ospedali. sarebbe bellissimo, e giusto.
27 maggio 2013
sei pazzo totale
C'è solo un pezzetto di cielo giallo che esce dallo scuro del mio velux.
Ho finalmente un po' di tempo per me prima del sonno e ho talmente tante cose da scrivere che non dovrei nemmeno iniziare.
Ce n'è una vecchia, ma un po' necessaria.
Ce n'è una quasi nuova, bellissima, l'unica.
E poi c'è l'ultima successa, che è incredibile e bella. E siccome è la più carica ora, inizio da questa.
Sto aiutando l'Enrica con il concerto di Dente, no?
Il concerto è arrivato, senza che io me ne accorgessi. Primo, perché nei giorni prima ero in Italia per una gita con comunione decisa la settimana prima. Secondo, perché il Professore mi ha lanciato una bomba esattamente tre ore prima del mio volo. "Sarebbe meglio se restasse fino a luglio".
Non me ne rendo bene conto, discutiamo di altro e vado verso l'autobus per l'aeroporto. Ma nella mezzora di autostrada mi costringo a telefonare a Lui, a raccontargli - e raccontarmi - cos'è appena successo. Non servono spiegazioni, come sempre.
"Non c'è alternativa, resti lì. In qualche modo combiniamo."
Poi il volo, l'autobus, la metro. Odèon. Rue de l'Ancienne Comèdie.
Sento un po' di nausea nel fare per la milionesima volta quella strada in discesa, nel superare il kebabbaro e prepararmi mentalmente a girare a destra. Non penso che è una delle ultime volte, penso che sarebbe dovuto esserlo. Mi sale l'ansia.
Un'ora dopo sono al Marcovaldo, al dj set di Dente.
Decido di tagliare corto con i vecchi rancori e gli dico che un po' lo odio per quella volta. Lui ci scherza su e un po' lo perdono. Finiamo la serata sbronzi di birra e patate all'aglio.
Deo gratia, ci riportano a casa in macchina. In diciotto in un'utilitaria ma va bene uguale.
Dente a un certo punto dice: metti Pai, metti Pai.
Io mi immagino già una bella merda indie da ascoltare fino a casa. E invece no.
C'è una voce bellissima e giovane e triestina. Triestina.
E ripete mille volte Pai de la Luce. Pali della luce, per gli scemi.
Io non mi ricordo più cosa volevo scrivere a proposito, ma da quella prima volta abbiamo ascoltato solo quella nei ritorni notturni in auto. E anche di giorno ci salutavamo con un Paiiiii più (Dente) o meno (io) intonato.
Sono ritornata indietro di anni e chilometri e ho sentito il vento in faccia, le pietre di Cavana sotto i miei piedi, il buio con i fasci gialli di luce a mostrarci dove andare, il profumo del pane appena fatto il mattino di ritorno dal molo, il mare, la gente, quelle loro mani, quei loro occhi e la loro voce.
Una volta ho scritto una frase bellissima su Trieste, ma è andata persa. Diceva tipo che Trieste ti si appiccica addosso anche se non lo vuoi, anche se non sei nato lì. E se ci vivi per un po' di tempo, lei ti si infila dentro in qualche spazio vuoto e te la porti dentro per sempre. E dentro di te e in ogni posto nuovo che incontrerai, vedrai la Tua città e Trieste. Sempre.
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